Fare squadra

Martin Castrogiovanni è una persona che riesco a guardare negli occhi. Sembra un dettaglio senza importanza, ma fra uomini una certa similitudine dei corpi è spesso l’inizio di una buona amicizia. Siamo alti, grossi, entrambi imponenti. E guardandoci negli occhi ci siamo riconosciuti in una comune sensibilità. Con lui per Humans at work ho parlato di tutte le sfumature del fare squadra per raggiungere un obiettivo. 

Martin Castrogiovanni: “Te l’ho detto al telefono ancora prima di conoscerci di persona: c’è un filo che ci lega alle persone con cui condivideremo dei pezzi di vita. Nel nostro caso sono i valori. La sensibilità, la lealtà, la passione per il lavoro o per un buon piatto di carne”.

Stefano Scaroni: “Ci siamo conosciuti a San Patrignano, durante un evento in cui ho invitato degli chef a interpretare gli ingredienti prodotti lì, nei campi e negli allevamenti del centro”.

Martin Castrogiovanni: “Non sono certo un grande chef, ma amo la carne cotta sul fuoco. Fa parte delle mie radici argentine, mi fa sentire a casa mettere una bistecca sul barbecue!”

Stefano Scaroni: “Era una giornata piena di emozioni: c’era un’energia incredibile a San Patrignano, credo che sia il risultato della gioia che sgorga dalla gratitudine verso la vita e le molte possibilità che ci vengono date quando tutto sembra sbagliato. In quel clima si può sentire in profondità”.

E tu non sei diverso da me: so che quando si toccano certe corde possiamo condividere momenti importanti, che hai il coraggio di essere presente a te stesso

Martin Castrogiovanni: “In effetti una delle cose che ci accomuna è la facilità con cui ci commuoviamo: una gara a chi piange di più”.

Stefano Scaroni: “A pensarci deve essere uno spettacolo bizzarro: due uomini grandi e grossi che piangono come bambini…”

Martin Castrogiovanni: “È quello che succede quando hai la precisa sensazione di non essere solo, di far parte di una comunità, di una squadra. E di essere insieme, tutti, sulla stessa barca. Puoi contare sul sostegno, sulla fiducia degli altri, anche in una bolgia tremendamente fisica come una partita di rugby. Se perdi la palla, c’è qualcuno pronto a raccoglierla e rimediare. Un pensiero che ti spinge ad andare avanti con coraggio, senza paura. Un mio allenatore mi diceva sempre che la parte importante dello sport non è vincere, ma non fare figure di merda. Quindi bisogna continuare, anche dopo l’errore, senza perdersi d’animo. Da soli è difficile, in squadra basta uno sguardo d’intesa per ricominciare da capo senza lasciarsi distrarre dalla fatica, dallo scoraggiamento”.

La connessione istintiva e fiduciosa con le altre persone della tua squadra è trasformativa, riduce l’errore a un incidente

Stefano Scaroni: “È un’energia che  viene a mancare quando entrano in gioco la superficialità e il giudizio: io perdo interesse, mi distraggo, guardo altrove”.

Martin Castrogiovanni: “È per questo che mi piace lavorare con i bambini. E forse per la stessa ragione tu hai voluto costruire lo Youth Advisory Board nella tua azienda. Sono scelte generose e rare”.

La volontà di nutrire, di far crescere, di dare fiducia a chi si affaccia al mondo con il proprio bagaglio di talenti e la volontà di dare, come è istintivo fare quando non si ha paura di perdere

Stefano Scaroni: “La squadra crea spazio e opportunità. Ma tu ti sei mai sentito solo in campo? La consapevolezza di poter fare la differenza all’interno di una squadra ti ha mai spaventato?”

Martin Castrogiovanni: “La paura è un’emozione come altre. Ed è proprio sapere di essere insieme che alleggerisce anche le sensazioni meno piacevoli. Abbiamo entrambi delle compagne meravigliose, che ci regalano quotidianamente la possibilità di non essere mai soli”. 

Stefano Scaroni: “Ho avuto momenti in cui mi sono sentito solo davanti a decisioni importanti. Ma fa parte del gioco anche la paura di non aver paura.

Smetto di chiamarla paura perché so che in realtà è adrenalina, una spinta naturale a prendersi delle responsabilità. Ammetto di cercare sempre situazioni che mi mettono in prima linea, in cui sono coinvolte le vite di migliaia di persone e delle loro famiglie”.

Martin Castrogiovanni: “Ma non è una volontà centrata sull’ego. Va verso l’esterno, è rivolta agli altri, al fare qualcosa di buono”.

Stefano Scaroni: “Mia madre mi chiede a volte se non ho paura della responsabilità. In realtà no. Creare opportunità per altri esseri umani è uno dei motori delle mie scelte”.

Martin Castrogiovanni: “È un motore positivo quando si supera l’idea di colpa”.

Tendiamo sempre a giudicare i risultati e a farcene una colpa quando non sono positivi. In realtà è un ragionamento senza senso: nel fare è compresa l’idea dell’errore, non della colpa.

Stefano Scaroni: “Come si crea una buona squadra Martin?”

Martin Castrogiovanni: “Il primo passo è la coesione. Nello sport professionale si ha quasi sempre a che fare con ottimi professionisti, la qualità individuale è alta. Portare il talento al servizio di un obiettivo comune è fondamentale. Occorre conoscersi, avere momenti di condivisione che smantellano le barriere culturali: nel rugby lo spazio di questa trasformazione è lo spogliatoio. Ti consiglio di costruirne uno nella tua azienda! Dallo spogliatoio non si scappa, ci sei tu, con la tua parte personale, con le tue rabbie e antipatie. E vicino a te c’è un altro essere umano, il suo corpo, con cui condividere un’intimità impensabile in un ambiente di lavoro tradizionale”.

Stefano Scaroni: “Stai dicendo una cosa che condivido: per essere te stesso devi rinunciare alle sovrastrutture, alle maschere.

La mia strategia è di creare “lo spogliatoio” uscendo dalle regole e dalla comfort zone, fin dal primo colloquio

Sono conversazioni lunghe, in ambienti non ordinari. Voglio vedere chi ho davanti davvero. I bambini sono stati miei maestri: imparano dall’esempio, non dalle parole. Rispondono all’autenticità della persona.

Nel mio mondo ci sono anche le donne e io sono molto attento alla capacità di accettare la differenza e il conflitto come un’opportunità, una ricaduta naturale dell’apertura mentale e del vero ascolto. Le donne sono decisamente più brave in questo, sanno mediare perché sono capaci di coltivare uno sguardo che supera i limiti del sé”.  

Martin Castrogiovanni: “Cos’altro conta per un buon team nel tuo lavoro?”

Stefano Scaroni: “La leadership. L’essere umano capace di reagire costruttivamente alla crisi, ispirando gli altri, supportandoli grazie al buon senso e a una certa dose di combattività”.

“Poi conta l’intelligenza nel riconoscere il valore del lavoro comune. Non tutti si sentono appagati dal condividere il proprio talento”.

Martin Castrogiovanni: “È per questo che ci sono i tennisti!”

Stefano Scaroni: “Esatto. Ma leader si nasce, anche se poi è importante imparare a canalizzare quel surplus di energia che sostiene il team. È l’esperienza a insegnarti come non essere invadente, come lasciare a ognuno la possibilità di essere autonomo nell’espressione delle proprie competenze”.

Martin Castrogiovanni: “Il vero leader sa riconoscere il momento in cui è importante guidare e ispirare e il momento invece in cui essere felice di vedere la propria squadra crescere, diventare sempre più autonoma”.

Devi cercare la felicità delle persone che lavorano con te, una condizione di benessere che viene dalla libera espressione individuale, dal riconoscere le proprie competenze perché si ha avuto lo spazio adeguato per fare a modo proprio

Stefano Scaroni: “La serenità è la prima condizione. Mi prendo cura di creare un terreno di libertà in cui non c’è spazio per la compiacenza. Il confronto con l’altro è un’occasione per esprimere se stessi anche nella divergenza di opinioni. Una squadra è un luogo in cui si sta bene, in cui ci si può togliere le scarpe e mettersi a proprio agio. 

Martin Castrogiovanni: “È un incantesimo fragile: camminare tutti nella stessa direzione, in libertà. A volte sembra un miracolo perché la coesione protegge dalla fragilità, dall’inaspettato. Nello sport succede moltissimo; una squadra miracolata è un insieme di persone che emanano un’energia buona, protettiva e inarrestabile”.

Stefano Scaroni: “ Nelle aziende è esattamente la stessa cosa. I miei modelli sono persone capaci di costruire team sulla  base della libertà personale.

Ci sono fragilità anche nei leader ovviamente, ma devono essere dichiarate, espresse.

Siamo esseri umani, ci arrabbiamo, esageriamo, urliamo. Esprimere la propria fragilità in modo completo, anche piangendo, è stato il grande passo avanti rispetto alle leadership più tradizionali”.

Martin Castrogiovanni: “L’autenticità è il segreto. È importante per tutti. In fondo chi non vuole responsabilità è proprio chi non vuole avere a che fare con la verità. Tu sei capace di gestire il conflitto?”.

Stefano Scaroni: “Sì, e amo i confronti accesi. Non mi tiro indietro: la discussione è una parte forte dell’autenticità. Tanto che a volte cerco il conflitto, lo provoco, lancio temi controversi nel mezzo di un tavolo e aspetto. Ne escono sempre idee interessanti o perlomeno nuove. Ma non è come nel rugby…”.

Martin Castrogiovanni: “Decisamente no. Il conflitto è il nucleo del gioco e forse mi ha davvero disabituato a gestire civilmente i momenti di disaccordo. Non ho grandi competenze verbali: tendenzialmente tiro testate. Mi offendo, ci rimango male, reagisco fisicamente. Per fortuna esiste mia moglie: sto imparando a litigare senza far volare i tavoli”.

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